Come temevano in molti, nonostante una mobilitazione che soprattutto nell'ultimo mese ha preso corpo, la proposta di direttiva IPRED2 ora proposta non è più: nelle scorse ore il Parlamento Europeo l'ha votata (374 a favore, 278 contro), approvando alcuni emendamenti e di fatto dando via libera ad una normativa che tanti hanno definito frettolosa e che è destinata ad avere un forte impatto per l'intera Unione Europea. IPRED2, come noto, è una direttiva che prende di mira la contraffazione e la pirateria, tentando di armonizzare gli ordinamenti dei diversi paesi.
Su uno dei fronti più caldi di IPRED2, quello delle squadre investigative comuni di forze dell'ordine e detentori dei diritti, gli emendamenti approvati correggono di qualche grado il tiro. Se prima i detentori dei diritti potevano "contribuire" ora possono "cooperare", nell'ambito di un quadro che gli stati membri, nel recepire la direttiva, dovranno assicurarsi che "non comprometta i diritti dell'accusato, ad esempio pregiudicando l'accuratezza, l'integrità e l'imparzialità delle prove".
La direttiva poi mantiene una certa ambiguità nel testo, già denunciata anche dai provider italiani, che attribuisce agli ISP una generale responsabilità per le eventuali violazioni commesse sulle proprie reti dai propri utenti. Sebbene la direttiva escluda di colpire l'uso privato senza scopo di lucro di opere protette, di fatto per gli italiani cambia poco: la condivisione via peer-to-peer rimane un reato.
Tra i nuovi privilegi dei detentori dei diritti anche quello di essere informati dalle pubbliche autorità (articolo 7 bis): "Gli Stati membri provvedono a che, nel caso in cui sequestrino articoli in violazione dei diritti di proprietà intellettuale o ottengano altre prove di violazioni, le autorità di polizia (..) informino il titolare dei diritti interessato (…) del sequestro o delle prove in questione. Gli Stati membri hanno la facoltà di decidere che le prove siano messe a disposizione del titolare dei diritti con riserva di determinati requisiti in materia di accesso ragionevole, sicurezza o d'altro tipo, onde garantire l'integrità delle prove stesse ed evitare di compromettere l'eventuale azione penale che ne può scaturire".
Ci sono anche le "buone notizie". Il nuovo art. 1 comma ter stabilisce, ad esempio, che non si possa considerare reato l'uso equo di un'opera protetta "a fini di critica, recensione, informazione, insegnamento (compresa la produzione di copie multiple per l'uso in classe)".
Viene anche cassato il ricorso abusivo a minacce di sanzioni penali, una pratica che in altri paesi, come negli USA, ha spesso consentito al detentore dei diritti d'autore di intimidire i privati cittadini.
"La capacità che un titolare di diritti ha di dissuadere i potenziali trasgressori (ad esempio, i concorrenti) – spiega il testo della motivazione di questa misura – aumenta notevolmente se questi trasgressori sanno di non poter eludere la sanzione penale".
Altro elemento di interesse è il fatto che la direttiva, come già noto, conferma l'esclusione della questione brevetti dai suoi scopi e contenuti.
Non mancano le dichiarazioni di principio con funzione di rassicurazione, come quella inserita nell'articolo 7, secondo cui i diritti sulla privacy, cioè sul trattamento dei dati personali, "devono essere pienamente rispettati durante le indagini e le procedure giudiziarie". Oppure quella del terzo comma dell'articolo 6, che ora statuisce: Gli Stati membri assicurano che i diritti dell'imputato siano debitamente protetti e garantiti". Evidentemente c'era bisogno di dirlo.
Il primo commento sulla direttiva è arrivato da Enzo Mazza, presidente FIMI, che spiega: "Per l'industria musicale il voto di oggi conferma che il testo della direttiva, applicando una definizione restrittiva di scala commerciale, rischia di essere in contrasto con quanto previsto dal WTO e dall'art.61 dei trips. Il testo dovrà essere emendato in maniera significativa nel corso dei prossimi mesi per rispettare i trattati internazionali. In merito ad altri aspetti della norma è apprezzabile che siano stati respinti tutti gli emendamenti atti a svuotare la direttiva delle necessarie misure operative di contrasto. Bene anche il mantenimento della norma relativa al favoreggiamento delle attività illecite che costringerà gli Isp a fare finalmente la loro parte nella lotta alla contraffazione.
Nessuna depenalizzazione poi è stata stabilita per comportamenti quali download o upload come qualcuno si è affrettato ad affermare con riferimento alle violazioni sulla rete. La direttiva riguarda violazioni gravi che dovranno essere punite con sanzioni almeno fino a 4 anni e pertanto non riguarda reati con sanzioni minori già previste da molti codici nazionali".
Per approfondire, di interesse è il "decalogo" messo a punto da Giuseppe Corasaniti, magistrato ed esperto di cose della rete, che descrive i punti critici della direttiva. Sebbene si tratti di un testo pubblicato prima dell'approvazione da parte del Parlamento, il suo impianto non è stato modificato dagli emendamenti.
tratto da punto-informatico