A RIO E’ GUERRA

armi rioA Rio de Janeiro è ormai un aperto conflitto. Una testimonianza dall'inferno carioca.
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Oggi, 13 aprile 2007, in Afghanistan si contano 10 morti al giorno dall'inizio dell'anno. Nella sola Rio de Janeiro, invece, i morti sono 9 al giorno. Il paragone parla chiaro, dunque: nella capitale carioca è ormai guerra. Dal primo febbraio si registrano 658 morti e 363 feriti. Poliziotti, narcotrafficanti, paramilitari anti narcos, ma anche gente comune, che si trova a passare nel posto sbagliato al momento sbagliato, sono gli identikit dei morti ammazzati nelle strade di Rio de Janeiro, dove si combatte una guerra per il controllo del territorio.

Il giovane governatore dello Stato, Sergio Cabral, ha chiesto al governo federale l'intervento dell'esercito: “Non voglio passare quattro anni del mio Governo assistendo a funerali di agenti e civili assassinati nelle strade”. Una decisione difficile per il presidente, in quanto ostacolata dal ministro della Giustizia che ritiene che i soldati siano addestrati per i combattimenti seri non per intimidire delinquenti comuni. Ma a Rio nessuno scherza, e Luiz Inacio Lula da Silva lo sa bene, tanto che ha promesso che aiuterà "l'amico Cabral”

Il Cristo che domina Rio de JaneiroLa testimonianza. “Venerdi notte uno dei ragazzi a cui ero più legata è stato assassinato. È Alessandro, il compagno di Anapaola, la quale venerdi mattina alle 7 mi ha chiamata disperata per dirmi che era stato ucciso dai banditi della fazione di narcotraffico rivale. Nella notte avevano tentato di invadere la favela per occuparla e gestire il traffico di droga. Sono corsa subito da lei”. A raccontare cosa significhi vivere a Rio, cosa vogliano dire le nude cifre, cosa provi la gente a dover scavalcare cadaveri per strada ogni singolo giorno, è Roberta, una psicologa italiana che da tre anni vive in una delle centinaia di favelas di Rio, lavorando al recupero dei ragazzi di strada.

Donna disperata trattenuta da agenti di poliziaSono arrivata alle 8.30 e lo vedo. Stava nella strada vicino a dove viveva, un lenzuolo lo copriva. L'ho scoperto, aveva ancora gli occhi aperti. La suocera mi ha chiesto di chiuderglieli. Sembrava che stesse dormendo. Con i suoi 23 anni pareva ancora un ragazzino. Assieme a lui ne sono morti altri 5. Uno era ancora disteso in una via lì vicino, gli altri la polizia li aveva già portati via. In quel momento mi sono preoccupata del caldo: facevano circa 40 gradi e non c'era ombra. Sapevo che i pompieri ci mettono una vita a venire a prendere il corpo e alla fine l'ho coperto con grandi foglie di banana e un altro lenzuolo. Intanto la polizia andava e veniva. Loro stessi dicono che quel posto è un inferno, una mattanza continua e mi hanno chiesto cosa ci facevo li. Per loro, Alessandro è solo un altro morto, perché lui ha voluto morire. É stata molto dura restare là tutto il giorno ad aspettare che venissero a prenderlo. È stata dura vedere la polizia che mi trattava meglio degli altri perché avevo mostrato la mia carta d'identità di straniera. Anapaola non ha neppure voluto dire loro che era sua moglie. Io la capisco, perché la polizia con la gente del posto non ha pietà nel parlare e nell’agire. È stata dura vedere la gente passare, alzare il lenzuolo per sapere chi fosse. È stata dura per me sapere che era lui”.

Poliziotto davanti a una distesa di armi consegnate a Rio de JaneiroÈ vero era coinvolto nel traffico locale di droga – continua Roberta – Io gli dicevo che stava già durando molto. Che tanti suoi compagni erano già morti. Erano giè 3 anni che era entrato nel narcotraffico. Mi diceva che aveva 5 figli a cui dar da mangiare. Io non lo scuso, ma lo capisco. Lui voleva una vita migliore. L´ultima volta che ero stata a trovarli mi diceva di sapere bene che quella vita non gli avrebbe permesso di veder crescere sua figlia di due anni”.

Narcotrafficante incappucciato e armatoDella sua famiglia d'origine si è fatta viva solo una zia che, per fortuna, ha potuto firmare il documento per prelevare il corpo all'Istituto di medicina legale dove era stato portato per l'identificazione. Se nessuno avesse firmato sarebbe stato seppellito come un indigente, portato via e seppellito senza nessuno. Grazie alla zia ho potuto fare il funerale. Ancora più terribile è stato il giorno del funerale, non c´era praticamente nessuno, solo io, la zia, Anapaola e la suocera.
Suo padre non c'era. Non ha mai amato Alessandro. Del resto, sarebbe venuto a fare cosa? Ora che Alessandro non ha più bisogno di lui?. Quanta rabbia sento verso quel padre che lo picchiava a sangue per stupidi motivi. Quando Alessandro era piccolo è arrivato persino a fargli mangiare le sue feci perché si era dimenticato di tirare l'acqua del gabinetto. E infine gli ha detto che doveva andarsene perché la sua nuova donna non voleva né lui né il fratello. Tutte cose confermate dalla zia. Vorrei raccontare come sono stati i 3 giorni per poterlo seppellire. Non puoi immaginare le condizioni del corpo. Pensa che l'Istituto medico legale ha le celle frigorifere fuori uso. Inumano e indegno. Alessandro è morto verso la mezza notte, il suo corpo è stato raccolto dalla strada solo alle 16.30 del pomeriggio e questo perché ho implorato la polizia che facessero presto a causa del calore.

Narcotrafficante incappucciato e armatoQuello che più mi fa star male – spiega la giovane psicologa – è aver visto che dopo 23 anni di vita poteva contare solo su 4 persone. Non un amico, non un parente. I trafficanti del posto mi hanno dato 400 reais per il funerale, che io non ho voluto e ho detto ad Anapaola di tenerli: adesso è sola con 5 figli. Mi fa molto male pensare che nessuno si è fatto vivo. Era una persona buona, ma in una vita
sbagliata. Poi penso che Alessandro per lo meno sapeva che, seppur da pochi, era molto molto amato. E in questi momenti capisco quello che intendono dirmi i ragazzi quando affermano: "Sai, tanto se io muoio non c'è nessuno che piangerà per me".
Quindi un ultimo espisodio, significativo di come sia la società nelle crudeli favelas carioca: “In questi giorni hanno ammazzato il capo dei trafficanti della favela del Pavão. Ci credete che la comunità ha organizzato tre autobus per andare al funerale!? Questo mi dà ancora più rabbia perché Alessandro, che era un semplice soldato, è morto e nessuno ha fatto nulla. Adesso che è morto questo tizio, che era la rovina della favela, ne fanno un idolo. L´ignoranza è la peggiore condanna nell'essere umano”.
di Stella Spinelli – tratto da peace reporter
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26 Responses to A RIO E’ GUERRA

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  26. Purtroppo รจ guerra davvero e nessuno ne parla…tranne, ovviamente, l’ ottimo Peace Reporter!
    Sul mio sito ( http://www.matteo-ghione.it )ho dedicato una pagina (http://www.matteo-ghione.it/peacereporter_brasil_afghanistan.htm ) proprio sul parallelo tra la situazione afgana e quella carioca, collocando tutta una serie di link agli articoli di Peace Reporter.
    Il mio blog su no blog: http://no-racism-news.noblogs.org/
    Un abbraccio

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