MADE IN JAMAICA… DOCUMENTARIO DEDICATO ALLA MUSICA

Ad aprire il film documentario Made In Jamaica è Bogle, l'artista dancer ucciso due anni fa in Jamaica, un inizio suggestivo per delle immagini che scorreranno per oltre 2 ore sul video, una analisi attenta e dettagliata su quanto accade nel mondo musicale jamaicano. A realizzare il film è stato il regista francese Jere Me Laperrousaz, non nuovo a queste esperienze visto che alcuni anni fa realizzò il documentario "Third World: Prisoner In The Streets", dedicata alla band ambasciatrice nel mondo della reggae music, opera che venne presentata addirittura durante il festival di Cannes. Anche "Made In Jamaica" è stato presentato al Toronto International Film Festival.
In una intervista telefonica il regista francese spiega il perché abbia deciso di realizzare questa opera e la sua passione per la cultura e il popolo jamaicano.
Di seguito una intervista al regista di "Made in Jamaica" pubblicata sull'Observer

Cosa ti ha ispirato a realizzare un film inchiesta sulla culture e la musica jamaicana?
Era un modo per esplorare l'evoluzione della musica jamaicana in questi 26 anni dopo la realizzazione di "Prisoners In The Street". Penso che la cultura jamaicana e la musica siano qualcosa che hanno coinvolto il mondo intero. Ho voluto nuovamente osservare la generazione roots delle radici come Toots Hibbert e legarlo, rispetto a quello che hanno fatto e che stanno facendo, alle nuove generazioni, coinvolgendo sia i rappresentanti del conscious reggae come i bobo dread sia gli artisti che animano la scena dancehall.

Come è cambiata la musica e la cultura jamaicana dopo il 1980?
Ho osservato che il messaggio militante del reggae è sempre lo stesso. Alcune lyrics sono profondamente diverse ma non penso di dire una eresia se affermo che alcuni testi di artisti quali Elephant Man e Bounty Killer sono uguali a quelli che Bob Marley, Toots e i Third World facevano 25 anni fa. Le sonorità sono cambiate. La dancehall di oggi è molto più veloce, ma la musica esprime lo stesso tipo di problemi.

Nella presentazione di "Made In Jamaica" si dice che rappresenta la storia di artisti che hanno realizzato il sogno jamaicano. Cosa è per te questo sogno?
Quando Elephant Man dice nel film che la musica è la loro salvezza, si riferisce principalmente alla situazione di estremo disagio che esiste nei ghetti di Kingston e non solo. La musica è come un lasciapassare, è come un sogno per la gente di tirarsi fuori dalle condizioni miserevoli nelle quali vivono ogni giorno nei ghetti. Quello che è bello ed interessante è il lato creativo della gente attraverso il quale provano a realizzare il sogno per dare una svolta alla propria vita.

Tanti i temi affrontati dal film come il crimine, la violenza, le responsabilità politiche, il rapporto tra sesso e musica e il ruolo della donna nella società. Come esplori e presenti queste tematiche?
C'è una sorta di trama nel film, un sentiero narrativo da seguire. Quello che la gente dice è legato alle canzoni e alle lyrics. Per esempio il tema del ruolo della donna lo affronto anche con la testimonianza di artiste come Tanya Stephens e Lady Saw.

Con quale criterio hai scelto gli artisti da coinvolgere nel film?
Mi ha guidato il mio gusto musicale e quello che volevo esprimere. Naturalmente fondamentale è stata anche la disponibilità degli artisti. Ad esempio avrei tanto voluto coinvolgere Damian Marley ma purtroppo non era disponibile in quanto era in tour.

tratto da reggaezion.com – fonte: The Observer
This entry was posted in JAMAiCA!. Bookmark the permalink.