ETIOPIA, LA GUANTANAMO AFRICANA

etiopiaAddis Abeba accusata di ospitare prigioni per terroristi con la benedizione degli Usa.


L'Etiopia è la nuova frontiera della lotta (illegale) al terrorismo? E' quanto avrebbe appurato un'inchiesta dell'Associated Press, secondo cui centinaia di “persone sospette” provenienti da 19 Paesi sarebbero detenute in tre carceri segrete etiopi, a disposizione delle autorità statunitensi alla caccia di presunti uomini di al-Qaeda. E mentre gli Usa ammettono di aver interrogato alcuni dei sospetti ma di non aver commesso alcuna azione illegale, l'Etiopia smentisce che i centri di detenzione esistano. E lo scandalo si allarga.

Prigioni. Secondo le dichiarazioni di associazioni per i diritti umani, avvocati e diplomatici sentiti durante l'inchiesta, buona parte degli arrestati proverrebbe da Somalia e Kenya. I primi sarebbero stati rastrellati durante e dopo l'offensiva etiope nei confronti delle Corti islamiche, cacciate dalla capitale somala Mogadiscio a fine dicembre. I secondi, anche questi originari prevalentemente dalla Somalia e in fuga dalla guerra, sarebbero stati espulsi dal Kenya e trasferiti nelle carceri etiopi, a disposizione degli inquirenti di Cia e Fbi che, secondo le stesse ammissioni di Washington, avrebbero interrogato alcuni dei prigionieri. Gli Stati Uniti però sottolineano di non aver partecipato all'arresto dei sospetti, i quali sarebbero stati messi a disposizione delle autorità locali e solo per il tempo degli interrogatori. Le autorità etiopi si sono invece trincerate dietro il silenzio, smentendo l'esistenza dei tre centri di detenzione in questione, situati secondo l'Ap nella capitale Addis Abeba, in una base militare a 60 km dalla città e presso il confine somalo.

Testimonianze. Tra gli arrestati, oltre a persone provenienti da Paesi occidentali (tra cui lo statunitense Amir Mohamed Meshal), vi sarebbero anche donne e bambini, cosa che ha suscitato le condanne delle associazioni per i diritti umani, e in particolare della statunitense Human Rights Watch. Finora, le uniche testimonianze dirette sono state fornite da Kamilya Mohammedi Tuweni,una donna 42enne proveniente dagli Emirati Arabi Uniti, arrestata in Kenya e poi trasferita in Etiopia. La donna ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna accusa formale durante i due mesi e mezzo di detenzione, mesi in cui nessuno si sarebbe preoccupato di informarla sulla sua sorte e sui motivi dell'arresto. Le parole che ha utilizzato per definire l'intera esperienza sono state “un incubo”. La Tuweni sarebbe l'unica persona liberata da questi centri di detenzione. Delle altre centinaia non si ha nessuna notizia.

Amir Mohamed MeshalTerrorismo. Da tempo gli Usa considerano il Corno d'Africa come una delle nuove frontiere nella lotta al terrorismo. Già durante la guerra tra Etiopia e Corti gli Stati Uniti erano intervenuti bombardando alcuni villaggi del sud della Somalia, cercando di colpire tre uomini di al-Qaeda ritenuti responsabili degli attentati del 1998 alle ambasciate Usa di Kenya e Tanzania. Non è un caso che questi centri di detenzione siano stati organizzati in Etiopia, uno dei maggiori alleati di Washington nella regione, e che il Kenya sia così “collaborativo”. Proprio sulle autorità di Nairobi, accusate di aver deportato illegalmente centinaia di persone, si concentrano le indagini delle organizzazioni dei diritti umani. Scontrandosi, finora, con il più assoluto silenzio.
di Matteo Fagotta – tratto da peace reporter
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